martedì 9 febbraio 2010

Il futuro della comunicazione (tratto da Sarah Quatrale)

Qualche giorno fa, sono finita per caso su un blog che parlava di "societing", e sono rimasta particolarmente colpita da un racconto.
La storia che vi sto per raccontare, non ha molto a che vedere con le storie raccontate nella pubblicità, ma ha a che vedere con due delle cose che ho detto:
la storia (la nostra storia, il nostro vissuto, le nostre percezioni) e la pubblicità (come nuova comunicazione).

[tratto da Sarah Quatrale]

Avevo un conoscente nigeriano di nome Emmanuel che spesso veniva a casa mia per delle serate di discussione e così chiacchieravamo di tante cose, compreso del suo paese. Emmanuel faceva fatica ad abituarsi all’Italia, non riusciva ad imparare la lingua, ma soprattutto faceva fatica ad abituarsi al cibo.
Troppa scelta, diceva.
Nel suo paese c’era poco; qui si sentiva perso ed alla fine non mangiava niente perché non sapeva cosa scegliere.
Emmanuel, è tornato in Nigeria.


E’ stato un sogno ad occhi aperti: mi sono resa conto che l’abbondanza è un problema. Leggendo su Wired di ottobre un articolo di Andersen intitolato “ode allo spreco” mi è tornato in mente Emmanuel e la sua fastidiosa iperscelta che diventava incapacità di scelta e successiva insoddisfazione.

L’iperscelta porta a delle conseguenze. Ad esempio, nei consumi c’è forte opportunismo (se mi si passa il termine): calcolatori capricciosi che si lamentano di quanto vanno male le cose; elettori astenuti appartenenti al “partito del no”; ricercatori di esperienze di vita fittizie ed altrui, in un reality show ridicolo in cui si critica la perdita di valori e di morale mentre il corpo diventa oggetto di (s)fregio e cavia di esperimenti autosomministrati.

Prima di pensare alla pubblicità ed a quello che potrebb
e fare ed a come potrebbe essere, credo che bisognerebbe pensare ai modelli di vita e di consumo in generale (e quelli da proporre attraverso di essa in particolare). Ci vorrebbe una raddrizzata generale: dei consumatori, dei negozianti, delle aziende, dei modi di vivere che sono recentemente stati sopra le righe, oltre le possibilità.
Bisognerebbe far pagare le cose il giusto, mettere i dipendenti in regola, ridurre drasticamente gli imballaggi, le paillettes ed i cotillons.

Poi allora si potrà tornare ad avere qualcosa da dire con la pubblicità e con la comunicazione in generale, fuori dalla banalità, dagli abusi, dalle esasperazioni, dall’emozione a tutti i costi, dallo stereotipo, dallo spreco, dall’ostentazione, dalla conformità, con ironia, arguzia, buon senso, garbo. Altrimenti diventerà sempre più un nulla d’oro fatto su nella carta d’argento

Ci tengo a precisare che faccio particolare riferimento alla pubblicità (italiana) a livello nazionale, quella fatta di commercial e di grandi investimenti.
Un discorso completamente diverso credo vada fatto per la pubblicità locale, quella delle piccole agenzie, delle affissioni, delle campagne stampa, dei miseri budget e della molta intelligenza e cr
eatività.

Credo che oggi, bisogna stare molto attenti a cosa comunicare, ma sopratutto a come comunicare.
Viviamo oggi tra inclusione e insoddisfazione, tra godimento e frustazione.
Non sappiamo cosa scegliere. L'azienda prima di comunicare un prodotto, dovrebbe saperlo comunicare.
La fidelizzazione non può più essere concepita come fine, ma come mezzo per instaurare una relazione con il consumatore.

Una relazione che non si può concludere nell'atto dell'acquisto, ma come un continuum a lungo termine, un'attenzione all'esigenza del consumatore, ma sopratutto al suo vissuto psicologico, antropologico ed emozionale. Il consumatore non è più un essere manipolabile, anzi è manipolatore delle sue scelte.
A questo proposito, da poco tempo è stato lanciato il nuovo spot di "Ing Direct" - la nostra migliore pubblicità sono i nostri clienti, dalla mente creativa dell'Agenzia Leo Burnett.
Lo spot, on air dal 27 dicembre sulle principali reti nazionali, ha inizio con la messa in scena di una vera e propria 'affissione vivente' in una zona molto frequentata di città (le riprese sono avvenute a Buenos Aires dove è stata costruita una struttura metallica delle dimensioni di 7,7 m x 5,5 m e capace di reggere il peso di trentadue persone).




Una passante si avvicina incuriosita, scoprendo che all’interno dell’affissione, invece delle solite foto, ci sono delle persone in carne ed ossa. Sono tutti clienti di Conto Arancio intenti in attività quotidiane come il sorseggiare un caffè, il navigare in internet. Uno di loro ha tra le braccia una grande zucca e il logo della banca. Altri passanti si fermano sotto di loro interrogandosi su cosa stia accadenso. Molto semplice: i clienti ING DIRECT sono diventati i protagonisti della campagna affissione e sono lì per rispondere alle domande dei passanti e di chiunque voglia avere informazioni sulla banca e i suoi prodotti, in un vivace dialogo tra passanti e l’affissione stessa!

“Il passaparola ha sempre giocato un ruolo chiave per la crescita della banca, tanto che oggi 8 clienti su 10 raccomandano ING Direct ad amici e parenti
– afferma Sergio Rossi, Direttore Marketing e Comunicazione di ING DIRECT Italia – L’indicatore più importante cui ci affidiamo per valutare il passaparola è il Net Promoter Score (NPS), l’indice di raccomandabilità che nei nostri clienti abbiamo scoperto essere superiore alla media del mercato di riferimento. Nasce proprio da qui l’idea di costruire il messaggio della nostra campagna di comunicazione affidandoci ai suggerimenti e alle parole di chi già gode della nostra fiducia: i nostri clienti appunto”.

A sostenere l’importanza del passaparola come strumento di marketing non è solo una banca che da sempre fa del marketing e della comunicazione il suo principale canale di vendita (ricordiamo che ING Direct non ha sportelli fisici né filiali), ma anche indagini di mercato (secondo Ipsos l’86% degli italiani si consulta con amici prima di comprare, il 13% in caso di acquisti su servizi bancari e finanziari) e iniziative associative italiane nate sulla scia di esperienze statunitensi quali Womma, l’associazione che riunisce professionisti, ricercatori, aziende, organizzazioni che usano il passaparola come strumento di marketing.
On air su tutte le principali reti nazionali, lo spot vede le programmazione di due soggetti, nelle versioni 30” e 15”. La declinazione, per il momento, avverrà su stampa, affissione e radio, sfruttando al massimo le peculiarità di ciascun mezzo e creando un circolo virtuoso tra tutti i mezzi volto ad amplificare l’effetto finale.



Ci auguriamo soltanto che non siano solo parole, ma un nuovo orientamento mentale.
Attenzione al consumatore, vuol dire anche attenzione alla persona.

1 commento:

  1. Che sorpresa imbattermi in un post che cita un mio commento.
    Mi fa molto piacere che un pensiero abbia portato ad un'altra riflessione e chissà che non ne nasca una successiva, come in una bella reazione a catena.

    Ora che ho scoperto questo blog, tornerò a curiosare.
    Teniamoci in contatto!

    Sarah

    RispondiElimina